mercoledì 22 aprile 2009

non abbiamo altro non abbiamo scelta noi bambine

Chiaramente ci hanno imbrogliato, solo che la lentezza del processo di comprensione ha vanificato la nostra reazione che, altrimenti, si sarebbe fatta sentire, eccome. Siamo nel duemilanove. Duemilanove. Dove sono le macchine volanti tutte tondine e lucide che avrebbero dovuto scarrozzarci qua e là? Sarebbe dovuto bastare premere un pulsatino e digitare le coordinate su un computer e zuum, arrivati in cinque minuti, senza traffico e senza dover parcheggiare, perché la macchina volante tutta tondina e lucida sarebbe stata un po’ come kitt, quindi sarebbe andata a trovare da sola un posto dove parcheggiarsi. Tutto questo chiaramente in attesa che scienziati un po’ stempiati, con il camice e gli occhialoni spessi, perfezionassero il teletrasporto, che comunque era cosa già sperimentata e c’erano già state scimmie che in due secondi avevano fatto blabla-blabla andata e ritorno. E le pasticche colorate con sopra disegnati i polli, le lasagne e i profiterole? Com’è che io passo l’aspirapolvere e pulisco il bagno e non c’è un robottino che lo fa per me? Ci hanno fregato. E questo a livello globale. Perché io, nello specifico, mi sento fregata anche a livello personale, dalle storie che vivo e dalle persone che incontro.

Ho due scene, una letteraria, l’altra televisiva.

La prima riguarda le storie:

l’altro giorno, mentre facevo la doccia, ho pensato a Kitty e Levin, alla scena in cui Levin scrive solo la prima lettera delle parole che compongono la frase che direbbe a Kitty se avesse più coraggio, e lei, dopo una piccola esitazione, capisce tutto, perché si trova esattamente nei pensieri di lui.

“Non c’era probabilità alcuna ch’ella riuscisse a indovinare la complicata frase; ma egli guardò la fanciulla con una tale espressione che pareva tutta la sua vita dipendesse dal fatto che ella capisse o no.”

Ecco. Ho creduto che cose del genere non capitassero tutti i giorni, ma potessero accadere, fossero nel ventaglio delle possibilità, insomma.

La seconda scena, quella televisiva, parla di persone:

prima puntata della prima serie de I Soprano. Tony è dalla psicoanalista.

“Che fine ha fatto Gary Cooper? L’uomo forte, silenzioso, intrepido. Lui non dava retta alle emozioni, faceva quello che doveva e basta. La gente non si rende conto che se si costringe Gary Cooper a dare retta alle emozioni lui non la smetterà più di parlare.”

Ecco. Ho creduto anche ai Gary Cooper, invece mi sono trovata intorno solo gente capace di parlarsi addosso, di quella che va a cercare sé stessa perché lo sente che c'è qualcosa che non va. Vedere sempre i Bellissimi di Retequattro non è servito ad altro che ad accrescere la mia delusione. E questo è quanto. Una fregatura. Vado a mangiare l’ananas gentilmente portatomi, e mi metto a lavorà, almeno un poco.

(un grazie speciale a Scopolo, che ha gentilmente prestato il suo prato, e a Sbamba per avermi fatto da modella.)

1 commento:

Anonimo ha detto...

I love you.